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Archive for giugno 2011

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A cosa si pensa metre il proprio aereo sta precipitando?
Ce lo racconta Ric Elias, imprenditore americano di succeso che ha vissuto questa esperienza nei cieli di Manhattan.
Lui non è morto, anzi, è rinato.


La frase più bella per me: “I don’t try to be right, I choose to be happy“.

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Da la Repubblica di ieri:
“Oggi si è vista sul centrale l’altra Williams, Serena, ancora più inquartata tanto da far ritenere che, per un disguido, fosse scesa in campo la mamma, Oracene, nota x avere superato il quintale”.
Il Gianni ormai ha perso ogni freno inibitore. Anche Serena, mi vien da dire guardando la foto.
Benvenuta nel club dei cicciotti!

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Nelson e la paura

“I learned that courage was not the absence of fear, but the triumph over it. The brave man is not he who does not feel afraid, but he who conquers that fear.” (Nelson Mandela)

x le strade di Soweto – estate 2007

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E’ stato il mio tennista preferito.
I motivi sono tanti: Sicuramente uno molto semplice è il mio stesso anno di nascita, il 1970, che accomunava Andre a Gabriela Sabatini.
Entrambi erano grandi talenti, ma non dei killer spietati. Per questo, forse hanno vinto meno di quanto le loro capacità tecniche avrebbero consentito. Promesse non mantenute, scrivevano implacabili i giornalisti basandosi sull’apparenza più che sui fatti.
Andreino Agassi, in più, aveva quel tocco di umanità, quella faccia da paperino, quegli occhi di un bambino che sta per scoppiare a piangere.
Ne usciva uno strano contrasto con l’immagine del ribelle, capelli lunghi e calzoncini di jeans che prendeva a pallate il mondo. Forse anche per questo l’ho amato tanto.
E per lo stesso motivo è stato curioso attraversare la sua storia attraverso questo libro che ho trovato sincero, coinvolgente ed emozionante
già a partire dalla frase di copertina:
“Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perchè non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi non ci riesco. Continuo ad implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l’essenza della mia vita…..”.
Una condanna a giocare a tennis e a vincere, quella del piccolo Andrè, vittima di un padre padrone fanatico.
I tornei giovanili in giro per gli Stati Uniti, la scuola di Bollettieri, la maggior parte del tempo passata a praticare lo sport in cui si è più soli in assoluto.
Le tante vittorie e le sconfitte: “Adesso che ho vinto uno slam so qualcosa che a pochissimi al mondo è concesso sapere. Una vittoria non è così piacevole quanto è dolorosa una sconfitta. E ciò che provi dopo aver vinto non dura altrettanto a lungo. Nemmeno lontanamente“.
I pensieri di un campione animato più dalla voglia di non perdere che dalla voglia di vincere (posso entrare nel club?!?):
“Sono il numero 1 del ranking mondiale. Mi chiama un giornalista, mi chiede come mi sento. Gli dico che sono contento, che è una bella sensazione essere il migliore possibile. E’ una bugia. Non è affatto ciò che provo.E’ ciò che vorrei provare. E’ ciò che ci si aspetta che provi, quello che mi dico di provare. Ma in realtà non provo niente”.
Della storia di Agassi mi è piaciuta molto anche la ricerca di rapporti veri e profondi come quelli con il fratello, con il migliore amico d’infanzia, con coach e personal trainer fino a quello più importante: l’amore per Steffi Graf, dal delicato corteggiamento fino alla felicità insieme all’unica donna che possa capirlo profondamente. E poi i bambini: Sono tenere per esempio le riflessioni che Andre annota per quando Jaden, il primogenito sarà grande:
“Ho appena perso il match e sto malissimo. Quel che è peggio è che domani dovrò giocare una specie di  match di consolazione ma vorrei scappare. Jaden se mai dovessi sentirti sopraffatto da qualcosa come mi sento io stasera, tieni giù la testa e continua a lavorare e a provare. Affronta il peggio e scoprirai che non è poi così tragico.Sarà la tua chance di essere in pace. Volevo lasciar perdere, partire, tornare a casa da te e vederti. E’ difficile rimanere e giocare, è facile tornare a casa e stare con te . Ecco perchè rimango”.
E poi ho ripensato a Roma nel 2005. C’ero anch’io a salutare l’ultimo match di Andreino sulla terra rossa del centrale.
E’ stata un’emozione grande.
Vamos Andre!

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Acquisto d’impulso

“spesso la gente non ha le emozioni chiare, altro che le idee”
potevo non comprarlo che forse parla di me?

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